La notizia della scomparsa di Benito Guerra ha profondamente colpito tutta la Cooperativa Sociale Areté. Il fondatore della Robur è sempre stato, prima ancora che uno straordinario imprenditore, un uomo di sani principi etici, sempre vicino ed attento al territorio e alla comunità cittadina.
Anche la nostra cooperativa, all’inizio della sua storia, ha potuto toccare con mano la sua generosità.
È con le parole di Oliviero Arzuffi, fondatore e già presidente di Areté, che desideriamo ricordarlo.

“Benito Guerra è morto tra la notte di domenica e lunedì. E’ una perdita per tutta la cittadinanza. Benito non è stato un personaggio secondario nella storia di Areté, ma colui che ne ha consentito la partenza con la sua generosità e la sua capacità di visione strategica.
Per dare ragione di questa mia affermazione e per rendere onore alla sua memoria, racconto ciò che è avvenuto nel lontano 1987, dopo che avevamo appena ricevuto dalle Suore delle Poverelle, in uso comodato gratuito, la cascina e il terreno per costruire la cooperativa. Nel gennaio del 1987, sia il sottoscritto che don Vittorio Nozza, allora direttore della Caritas diocesana, avevamo ricevuto l’invito a presentare il progetto Areté ai componenti della parrocchia di Santa Grata in Città Alta. Per dotare la cascina e il terreno delle infrastrutture necessarie (impianto di irrigazione, pompa e serre), avevamo bisogno di circa 20 milioni di lire, che era una cifra considerevole per quel tempo. Dopo l’esposizione del progetto in una sala del monastero di Santa Grata, dalla platea si avvicinò a noi relatori un uomo che non conoscevamo e che ci offrì una donazione di 20 milioni di lire per avviare i lavori: era Benito Guerra! Il fatto curioso è che né io né don Nozza avevamo fatto alcuna esplicitazione del costo dell’iniziativa durante la conferenza. Confesso che questa inattesa proposta mi ha sorpreso non poco, convincendomi che dovevamo proseguire sulla strada intrapresa, nonostante le difficoltà che sembravano insormontabili, sia per la novità del progetto Areté, che aveva come scopo di coniugare la riabilitazione lavorativa per i detenuti del carcere di Bergamo e per soggetti in carico del CPS con la coltivazione biologica, sia per l’oggettiva e cronica mancanza di fondi.
Dopo qualche settimana avevamo in cassa quella cifra che, unitamente ad altre donazioni e prestazioni gratuite da parte di chi voleva condividere il nostro sogno, ci hanno consentito di proseguire con il progetto della cooperativa.
Il rapporto con Benito Guerra non si è fermato però alla sola donazione. Infatti abbiamo avuto modo di incontrarlo più volte nella sua casa in Città Alta, per un confronto sulla migliore strategia da adottare al fine di coniugare solidarietà e imprenditorialità, senza cadere nell’assistenzialismo tipico delle cooperative sociali, promosse a quel tempo prevalentemente dal solo volontariato. I suoi consigli sono stati per noi illuminanti, grazie alla sua attitudine ad intersecare con efficacia saldi orientamenti etici, capacità manageriale e visione sul futuro. Del resto, la ditta Robur in questo è sempre stata all’avanguardia e non solo in Italia.
Credo che questo debito di riconoscenza vada sottolineato e fatto conoscere, per rendere giustizia a tanti collaboratori poco conosciuti, che hanno invece fatto la storia della Cooperativa Areté”. Perciò: ancora grazie, Benito.